Cremonese

La Cremonese e mister Stroppa:
evoluzione e ricerca dei concetti

(Foto Sessa)

Una stagione è sempre un mix di fattori che si devono incastrare alla perfezione per risultare vincenti. Cosa non facile, il gioco del calcio è materia assai complessa.

Dinamiche psicologiche e comunicative devono allinearsi in modo efficace, ma quello che tanto amiamo rimane uno sport di strategia tattica, evoluta peraltro negli ultimi anni in maniera netta.

Per questo è impossibile non riflettere in maniera completa sull’annata della Cremonese senza dare il giusto rilievo alle scelte “di campo” che non hanno portato purtroppo la squadra ad ottenere il risultato sperato, obiettivo ricercato passo dopo passo nel corso dei mesi con l’idea di provare a sviluppare una sempre maggiore linearità di gioco, e con meccanismi dapprima rivoluzionari rispetto alla gestione precedente, e quindi da apprendere, poi oliare ed infine perfezionare.

Non ci si è riusciti del tutto, ma il tempo per sistemare ogni cosa non è facile da trovare, e gli ostacoli lungo il cammino sono sempre da considerare.

La Cremonese aveva iniziato la stagione in ritiro a Pejo, e nelle prime amichevoli (chi scrive ne è stato testimone oculare diretto) l’allora tecnico Ballardini aveva  impostato la squadra con il modulo 4-3-3, con il nuovo (allora) arrivato Franco Vazquez schierato da falso nueve, e due esterni alti pronti a tagliare verso l’area di rigore per sfruttare il fattore imprevedibilità. Con questa idea in testa il tecnico romagnolo nelle prime uscite aveva mostrato di voler puntare forte su Okereke e Afena-Gyan, proprio per sfruttare la velocità dei due e il concetto di “campo aperto” da andare a ricercare rinunciando per ampi tratti al pressing alto, aspettando gli avversari per poi ripartire aggredendo i nuovi spazi creati nelle metà campo avversarie.

Iniziato il campionato però si è subito capito che questa strutturazione del gioco sarebbe stata impossibile da applicare. Era arrivato (e ben venga, vista la straorinaria qualità del giocatore) Coda, una prima punta più pura, e comunque tutte le squadre rivali della Cremonese non si sognavano nemmeno di attaccare la squadra grigiorossa alte, con coraggio e spavalderia, ma piuttosto preferivano aspettare le mosse rivali, consapevoli della forza della squadra che a cuor ci sta. Nasceva così spesso la necessità per la Cremonese di forzare la partita, costruendo e palleggiando, ma senza forse la dovuta convinzione, certo senza la corretta rapidità, e questo rendeva la manovra lenta e prevedibile.

Passate le prime partite si è poi proceduto al cambio di guida tecnica, con la scelta ricaduta su Giovanni Stroppa, un tecnico che di promozioni se ne intende.

Il  mister, già vincente con Crotone e Monza, in quelle sue esperienze aveva scelto il modulo 3-5-2 per le proprie campagne conquistatrici, ma in molti si domandarono, nel momento del suo arrivo all’ombra del Torrazzo, se una squadra costruita per un sistema molto diverso avrebbe potuto adattarsi ad una tale soluzione, o se piuttosto avrebbe dovuto essere Stroppa stesso ad adeguarsi alle caratteristiche dei calciatori.

Fu questo anche uno dei primi quesiti che furono proposti anche allo stesso allenatore, che rispose di non essere dogmatico nelle sue idee, lasciando spazio a previsioni  di potenziale continuità di una difesa a quattro, che però invero non aveva convinto nelle prime gare di campionato.

Proprio basandosi su questa riflessione, e sul sacrosanto concetto che narra di come sia sempre meglio affrontare le sfide difficili con l’ausilio delle proprie armi migliori, quelle che magari ti hanno già portato in carriera a sopravanzare avversari importanti, Stroppa ha da subito impostato la formazione seguendo il proprio principale credo.

Subito difesa a tre dunque, centrocampo folto ma dinamico, ed attacco con due giocatori base, ma pronto a beneficiare degli inserimenti di molti mediani ed addirittura difensori partenti da lontano, e quindi in grado di creare stupore nelle retroguardie rivali.

La base di una squadra nell’idea principe è sempre l’equilibrio, concetto da subito ben trasmesso da Stroppa. La difesa, composta dagli stessi (molto validi) giocatori che non avevano convinto appieno con la gestione Ballardini, ha trovato da subito compattezza, sicurezza e spiccata capacità di cooperazione. Il tutto ottenuto peraltro senza tenere i difensori stessi bloccati, ma chiamandoli anzi anche orgogliosamente a partecipare con coraggio e personalità al gioco offensivo, fino a spingerli anche nel cuore dell’area di rigore avversaria, mostrando poca paura.

E’ nato così un terzetto difensivo, quello composto da Antov, Ravanelli e Bianchetti, davvero efficace nelle chiusure ma al contempo propositivo nella fase di rilancio e ripartenza, organizzata anche col palleggio corto dal basso quando serve.

Proprio per riuscire a tessere l’intelaiatura del gioco in modo preciso e costante, la presenza di un regista puro per Stroppa è diventata da subito concetto imprescindibile. Ecco allora Castagnetti tornare importante, con la sua capacità di farsi trovare spesso disponibile alla ricezione, forte di una buona tecnica ed una personalità sempre esaltata in carriera (come dimostrano le tante promozioni conquistate con tante maglie diverse).

Gli allenatori avversari tuttavia, capita l’antifona, hanno preso presto a marcare a uomo il play grigio rosso. Ed allora ecco l’intuizione preziosa di mister Stroppa. A Castagnetti va affiancato una sorta di secondo regista, partente più defilato, in modo da poter sviare alle strette marcature rivali ed aiutare il palleggiatore davanti alla difesa, fornendo alla retroguardia una seconda possibilità di uscita del pallone di qualità.

Il tecnico della Cremonese nello slot di centro-sinistra del centrocampo ha iniziato allora a scegliere un giocare di buona tecnica, spesso ad inizio (e poi di nuovo alla fine) percorso Buonaiuto, poi Abrego, Falletti e Jonhsen dopo l’infortunio del numero dieci ed il contributo del mercato invernale.

Non sempre questi incastri in fase di palleggio hanno funzionato perfettamente, perché trovare fluidità di manovra e contemporaneamente quella rapidità di movimento del pallone necessaria a forzare retroguardie chiuse ermeticamente non è oggettivamente semplice per nessuno. Ma ci si è provato con costanza.

Sulle corsie esterne ai laterali è sempre stata data ampia possibilità di gioco coraggioso libero nelle sortite. La difesa della Cremo è sempre stata davvero a tre, e non a cinque come spesso capita nel calcio italiano, sintomo di coraggio e voglia di vincere le partite giocandosele a viso aperto. Dalle fasce sono a volte arrivati cross, assist vincenti, gol; è arrivato lo scompiglio creato in difese avversarie spesso in difficoltà contro le tante variabili messe in campo esternamente dalla Cremonese, ma non in tutte le partite, certo, perché alcuni allenatori avversari ben conoscevano questa qualità “laterale” grigiorossa, e spesso lì hanno sistematicamente raddoppiato.

Già, l’imposto  (ai rivali) ed organizzato scompiglio. Un fattore importante come concetto, reso ancora più potenzialmente intenso dalla scelta di schierare un interno destro di centrocampo nelle intenzioni sempre pronto alla proiezione offensiva, magari senza palla, per approfittare di tempi di gioco tagliati e porzioni di campo da aggredire. Collocolo e Pickel in tal senso si sono alternati con discreto costrutto, e con sufficiente contribuito di gol e mole di palloni portati nella zona rossa nemica prezioso per la causa. Ma il continuo movimento coraggioso di attacco improvviso non è cosa che nasce per caso, ma frutto del lavoro, dell’allenatore e degli interpreti.

Collocolo però ha dovuto fare i conti con alcuni infortuni che hanno complicato la ricerca di continuità di un giocatore comunque molto positivo, e Pickel è stato a volte preso dall’eccessiva foga e da qualche imprecisione sotto porta, pur non facendo mai mancare il proprio generoso apporto di quantità.

Il concetto poi di “trequarti a tutto campoera idea-base palese, e ha trovato tentata applicazione in Vazquez, ma anche a volte in Falletti, con l’intento di crear nelle difese avversarie il dubbio amletico che ti annebbia la mente e toglie lucidità: “Fin dove mi alzo a marcarlo?”. Si potevano così creare nuovi potenziali spazi, da poter conquistare. Non sempre è stato così, ma l’intuizione ci poteva decisamente stare, e non era per nulla illogica, altroché.

Davanti Stroppa ha alternato i suoi uomini, ed erano tanti quelli bravi a disposizione, ogni volta cercando di preparare la squadra ai riadattamenti necessari per esaltare le caratteristiche di ognuno. Questo ha messo in difficoltà molti allenatori avversari (il numero delle palle gol questo dice), incerti su quale tipo di movimenti attendersi da parte dei mutevoli avanti grigiorossi.

Qualche volta qualcuno avrebbe voluto due punte più pure in campo in tandem vicino all’area rivale, ed è parere che ci sta, ma son opinioni, legittime se vogliamo, ma è giusto e sacrosanto che ognuno abbia le proprie idee personali e le porti avanti con determinazione.

I ricercati modi di attaccare l’area sono stati quindi diversi, a volte applicati bene altre meno, e anche questo è normale, ma la volontà non è mancata e si è visto chiaro.

L’immediata riaggressione della palla una volta eventualmente perso il possesso del cuoio non è quasi mai stata secondaria, nell’ipotesi di così togliere sicurezze agli avversari, alimentando invece convinzione negli atleti grigiorossi.

In sostanza è stata una Cremonese costruita col tempo, sempre lavorando su idee che, proposte da un allenatore che ci ha sempre creduto, potranno essere ulteriormente elaborate, vista la conferma dello stesso Stroppa, col lavoro sul campo, mattoncino dopo mattoncino, sin dall’estate prossima, basandosi sull’impressione di come la squadra sia arrivata alla fase play-off in buona condizione fisica e mentale, e con la giusta motivazione nel ricercare la migliore applicazione dei concetti proposti e spiegati.

Alla fine non si è vinto, e quindi qualcosa non ha funzionato, è ovvio, ma è normale, specie quando una squadra è inizialmente costruita su una idea tattica e si trova a cambiare in corsa. Serve lavoro, serve tempo, serve fiducia.

Trovare da subito le  giuste sintonie non è scontato, e comunque la Cremonese ha conquistato tanti punti da quando la guida tecnica iniziale è cambiata, anche questo è un fatto innegabile.

Sulle imperfezioni, e ce ne sono state, inutile negarlo (ma fa parte del decorso normale delle cose) si lavorerà, per migliorare ed avere una Cremonese più precisa e funzionale, ma che pare sapere da dove partire. Andando nell’ottimismo pratico, in fondo in ogni singola partita (tranne rarissimi casi) la squadra è stata compatta, eppure contemporaneamente le occasioni da gol non sono mancate, e questo un caso proprio non può essere.

La squadra ha lavorato, ha insistito, ha battagliato, e tutti tengono alla causa, tutte cose che devono rappresentare il punto di ripartenza di un gruppo motivato a fare ancora meglio.

Roberto Moscarella

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