Vialli, così lo ricorda Gigi Rossetti, compagno di banco alle medie
Tantissime le testimonianze che in questi giorni ricordano il Gianluca Vialli bambino, negli anni delle scuole elementari e delle medie. Proprio a quel periodo si riferisce il lungo ritratto che ne fa su facebook Gigi Rossetti, noto attivista per la pace, per tanti anni la voce dell’Arci di via Speciano, descrivendo i tratti che già allora rendevano Gianluca un po’ “speciale”, negli anni delle scuole medie alla Virgilio. Un’amicizia durata solo pochi anni, perchè le strade si divisero presto: “Seconda metà dei ‘formidabili’ anni ’70… – inizia Rossetti -. Il destino volle che in quel passaggio di vita, in quella scuola-crogiolo, io fossi il Tuo compagno di banco. Eravamo diversi, in tutto e per tutto.
Aspetto, carattere, personalità. Condizione sociale, cultura familiare, principi educativi”.
Senza atteggiarsi ad amico (“negli anni successivi ci allontanammo del tutto, troppo diverse erano le nostre attitudini, i nostri immaginari, le nostre vite”), Rossetti rievoca i tornei di calcio scolastici sui campi dell’oratorio di cristo re, quando già in prima (“la turbolenta H”) si riusciva a tenere testa ai più grandi delle terze.
“Bello ricco e famoso, si sarebbe detto, spensierato, intraprendente e sicuro di sè, persino un po’ sfrontato, con tutti e ciascuno, amici, insegnanti, passanti sconosciuti… Forse anche con sè stesso.
E poi, i successi con le ragazze: “Ci sapevi fare ed eri capace di farlo in modo attivo e creativo, originale e divertente”. Ma soprattutto: “Tu eri già un piccolo-grande mito calcistico nostrano; e per questa cosa speciale, finalmente e indiscutibilmente buona & giusta oltre e sopra ogni altro controverso sentimento personale, eri quindi ammirato universalmente come una creatura semi-divina da tutti noi poveri sfigati del Calcio (e non solo).
Eri quello che toccava e tirava il pallone come nessuno mai avevamo e avremmo visto fare dalle nostre parti; eri quello che del Calcio sapeva fare tutto e meglio, regista centravanti ala mediano libero… e poi magari facevi anche il portiere, quando gli altri 21 delle 2 squadre volevano giocarsi un po’ la partita pure loro; eri quello che partiva dalla linea della propria porta, dribblava e lasciava indietro tutti i 10 avversari in linea retta, si fermava davanti al loro portiere, lo aspettava, dribblava anche lui e lo faceva sedere, poi scattava verso la porta, fermava il pallone sulla linea con il piede, si sdraiava e faceva gol di testa.
Eri quello che giocava sempre e solo così: con la stessa passione e la stessa leggerezza, la stessa concentrazione e la stessa determinazione, che fossi da solo o contro dieci, nel nulla silenzioso o davanti ai primi pubblici vocianti;
sempre e solo così, nel cortile di casa o in piazzetta, nel campo grande o sul cemento dell’Oratorio, nei primi campi verdi veri dei campionati ufficiali o nei campetti spelacchiati lungo gli argini (…)
A guardarti sembrava solo un gioco, eccezionale e inimitabile, ma pur sempre solo un gioco.
Ma in quel gioco – l’avrei e l’avremmo tutti capito poi, conoscendo meglio Te e il tuo cammino – mettevi tutto il ‘vero’ te stesso, tutto il Vialli Gianluca che volevi essere e che volevi diventare.
Non un comodo ‘figlio di papà’ che si gode passivamente i soldi di casa per fare una ‘bella vita’ qualunque nel suo piccolo regno di provincia.
No. Tu con quel pallone attaccato ai piedi sudavi e piangevi, ti sfinivi e ricominciavi. Per quel pallone facevi tutta la fatica del mondo.
Eri solo un Ragazzo, ma eri già un Uomo.
Ancora non lo chiamavi così, ma avevi già deciso che il Calcio era, lì e allora (non ‘sarebbe stato’), il tuo Lavoro. A suo modo, un lavoro vero difficile duro, come quello di un operaio o di un muratore”.