Calcio

È morto Giovanni Galeone:
allenò la Cremo nel 1978/‘79

La Cremonese del 1978/‘79 allenata da Galeone

Il mondo del calcio piange Giovanni Galeone, morto a 84 anni, a Udine, dopo una lunga malattia. Ex calciatore e allenatore, nella stagione 1978/‘79 diresse la Cremonese che, oggi, sul proprio sito e sui propri profili social scrive: “É con profondo dolore che U.S. Cremonese apprende la notizia della scomparsa di Giovanni Galeone. Ai familiari vanno le più sentite condoglianze della proprietà e del club grigiorosso”.

Giovanni Galeone, è stato uno degli allenatori più carismatici e innovativi del calcio italiano. Nato a Napoli il 25 gennaio 1941, fu centrocampista tra Serie B e C prima di intraprendere una carriera in panchina che lo rese celebre per il suo calcio propositivo e anticonformista. Dopo le prime esperienze con Adriese e Pordenone, approdò all’Udinese e iniziò a costruire la sua filosofia: il pallone doveva girare, la squadra attaccare, il gioco essere pensato ma libero.

Le sue stagioni più luminose furono a Pescara, dove conquistò due promozioni in Serie A (1986-87 e 1991-92) e regalò alla città entusiasmo e spettacolo con un calcio visionario, interpretato da giocatori come Junior, Gasperini, Pagano e un giovane Allegri. A Pescara divenne una leggenda, tanto che la stazione ferroviaria fu inaugurata alla sua presenza. Ottenne altre due promozioni con Udinese e Perugia, e allenò anche Napoli, Como, Spal e Ancona.

Ma più che i risultati, a definirlo furono le idee: un calcio offensivo, coraggioso, fatto di intelligenza e libertà. Amava la parola più della tattica, difendeva i suoi giocatori e sfidava i presidenti, con cui spesso ebbe rapporti turbolenti, come con Scibilia e Gaucci. Maestro di Massimiliano Allegri e riferimento per tecnici come Giampaolo e Gasperini, Galeone ha lasciato un’eredità filosofica: il calcio come linguaggio e come arte del pensiero. Ironico e diretto, celebre per battute come “Il portiere è un optional”, ha continuato fino alla fine a commentare il calcio con lucidità. Con la sua morte, il calcio italiano perde non solo un allenatore, ma un uomo libero, che ha trasformato il gioco in un atto di creatività e indipendenza.

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