Prisciandaro ricorda La Cagnina:
"Un grande uomo. Sono sconvolto"
Leggi anche:
“Sono sconvolto. Quando ho appreso la notizia ho pianto perché Josè è stato molto più di un compagno di squadra. Un amico, un grande uomo, dentro e fuori dal campo”. Gioacchino Prisciandaro non si dà pace. Da lunedì, giorno in cui Dino Giannascoli l’ha chiamato per dargli la tragica notizia della scomparsa di La Cagnina a soli 50 anni, ha pensieri solo per l’ex compagno di reparto e per la sua famiglia: “Sono vicino alla moglie, ai figli. Una tragedia”.
“E pensare che nella nostra chat di grigiorossi di quella Cremonese di Roselli che vinceva i campionati del 2004 e del 2005 – confida Prisciandaro – José ha sempre mascherato la sua malattia. Era davvero un grande uomo, come lo eravamo tutti in quella squadra. Vincevamo in campo perché eravamo un gruppo di uomini prima ancora che di calciatori. Quella Cremo era fatta di persone che ‘buttavano il sangue’ in campo. E Josè era uno di noi, sempre disponibile con tutti, dai compagni di squadra ai dirigenti, alla società, ai tifosi”.
Prisciandaro era il faro offensivo, il capocannoniere di quella Cremonese che a cavallo tra due stagioni, la 2003-2004 e la successiva, costruì un doppio salto riportando il vessillo grigiorosso dalla Serie C2 alla B. In quel pacchetto offensivo che in due annate ha abbracciato giocatori del calibro di Prisciandaro, Marchesetti, Taddei, Tabbiani, Chiappani, Greco, Campolonghi, La Cagnina era l’attaccante di sacrificio: “Non aveva segnato molto in quegli anni, ma il suo lavoro era fondamentale – racconta Priscia -. Era un gran lavoratore, di quelli che pensavano prima di tutto ad aiutare la squadra. Dava tutto, usciva sempre con la maglia sudata. Mi dispiace veramente. Josè era un grande”.
A ricordare La Cagnina è anche la “sua” Cremonese: al “Ferraris”, alle 20:30, i ragazzi di Stroppa sfideranno la Sampdoria con il lutto al braccio e prima del fischio d’inizio verrà osservato un minuto di silenzio in memoria dell’ex attaccante grigiorosso, giocatore esemplare, di quelli che, riprendendo Priscia, “buttava il sangue in campo”.
Simone Arrighi