Offanengo: Gianfelice Facchetti, San Siro, storie e passioni
Nella suggestiva cornice della chiesa di san Rocco a Offanengo, promossa dalla locale Pro Loco in collaborazione con la libreria Ubik di Crema, si è svolta la presentazione del libro “C’era una volta a San Siro. Vita, calci e miracoli” di Gianfelice Facchetti, raffinato narratore di sport, autore teatrale, figlio dell’indimenticato Giacinto, bandiera dell’Inter e storico capitano azzurro, e fratello di Luca, ex calciatore del Pergocrema, con il quale ha conquistato la promozione in C1 nel 2008.
Nel libro, la cui prefazione è di Luciano Ligabue, Gianfelice Facchetti, partendo da ciò che rappresenta per gli sportivi quello che è definito la Scala del calcio italiano, cornice anche di memorabili concerti delle star italiane e internazionali, si interroga sul futuro. Un futuro che nel corso di questi mesi ha interessato la politica, le Istituzioni, la finanza, le due maggiori società cittadine: per diversi interessi, c’è chi vorrebbe abbatterlo per edificarne uno nuovo, c’è chi invece vorrebbe ristrutturarlo, così come è stato fatto a Madrid per lo storico Bernabeu.
Nel libro e nella chiacchierata di ieri sera, Facchetti stimolato dalle domande del giornalista de La Provincia, Dario Dolci, racconta aneddoti, storie, episodi legate a San Siro, e a tutti quei campioni che sul manto erboso del Meazza hanno emozionato milioni di tifosi, veri protagonisti della magia stessa dello sport più popolare del mondo, che eccessi, diritti televisivi, sponsor, procuratori e quant’altro, stanno snaturando.
“Mi auguravo che a un certo punto San Siro, diventasse il pretesto per fare un esercizio di confronto e democrazia, a cui noi italiani in generale ci siamo disabituati”, esordisce Gianfelice Facchetti, facendo anche riferimento alle posizioni espresse dal sottosegretario Vittorio Sgarbi, il quale ha recentemente evocato una sorta di memoria emozionale, un vincolo per San Siro in quanto bene non solo architettonico, per ciò che rappresenta nella memoria collettiva, per il tifo, lo sport, la storia delle partite che quella struttura ha ospitato.
“Quando è uscito il libro auspicavo che il tema venisse sdoganato e invece nell’ultima campagna elettorale nessuno ha parlato di San Siro, salvo poi parlarne successivamente – commenta Facchetti – perché lo stadio è solo il 50 per cento di un’operazione immobiliare molto grossa”.
Dal dibattito di questi mesi, emergerebbero diversi elementi che orientano verso soluzioni diverse rispetto all’abbattimento, a partire dagli alti costi per la sola demolizione, senza dimenticare l’impatto ambientale e il tema della speculazione: “Oggi San Siro ha circa 75 mila posti, si vorrebbe farne uno nuovo, più piccolo, di circa 60 mila, però con 12 mila posti destinati agli sponsor, con la conseguenza di avere prezzi dei biglietti più alti – commenta Facchetti – tutto questo sottende l’idea di un calcio che non è più uno sport popolare”. Proprio per questo, Facchetti ricorda: “O torna ad essere importante l’alleanza tra il campione, il giocatore e lo spettatore, oppure non si va più da nessuna parte, perché il calcio è della gente”. E a questo proposito, Facchetti, ricorda uno dei riti consolidati fino a una ventina di anni fa, quello dell’invasione di campo, di fatto consentita ai tifosi negli ultimi minuti dell’ultima partita di campionato, che consentiva l’abbraccio dei beniamini, la possibilità di recuperare una maglietta, un cimelio, un ricordo, ora non più consentito per diverse ragioni, anche legate all’aspetto della sicurezza, ma sicuramente che riporta ad un calcio romantico che non c’è più, se non nella memoria degli appassionati di questo sport.
Nel corso della serata, un altro elemento posto al centro della discussione dall’autore è il tema dell’identità degli stessi club, che nel calcio si percepisce sempre meno, con le proprietà delle squadre non solo quelle di serie A, che passano da un fondo all’altro. “I custodi della memoria del calcio sono i tifosi, se perdiamo quelli, il patrimonio non c’è più e diventa solo un intrattenimento”, dice Facchetti.
Finale di serata dedicato alla lettura di alcuni brani tratti dal libro e, prima ancora, dal riferimento al calcio come strumento educativo di socialità: “Oggi non è più un linguaggio di relazione e gioco immediato per i bambini o i ragazzi, viene dopo la Playstation o il cellulare”, conclude Facchetti, che ricorda come i luoghi, San Siro, come il campetto di quartiere, “definiscono le nostre storie, non sono solo contenitori, definiscono la natura delle relazioni”.
Ilario Grazioso