CENTOVENTICREMO

36 anni fa il pauroso scontro tra Montorfano e Paolinelli davanti a Maradona

Era il 25 novembre del 1984. Sono passati 36 anni da quel Napoli – Cremonese (terminata 1-0 per i padroni di casa con rete di Bertoni) in cui Mario Montorfano e Sergio Paolinelli rischiarono grosso. A ricordare l’episodio e a svelare nuovi retroscena, lo stesso Montorfano sul proprio profilo Facebook. “Durante il secondo tempo – dice la bandiera grigiorossa – ci fu da parte del Napoli un lancio con traiettoria alta verso Nico Penzo che io marcavo…io volevo, su quella parabola, effettuare un retropassaggio al nostro portiere Borin, Sergio invece intendeva, sempre di testa, respingere il pallone. Si verificò un impatto violento, una testata terrificante tra me e Sergio: entrambi stramazzammo al suolo, ed io ebbi la peggio”. Montorfano ammette di aver “rivisto un po’ di tempo fa un filmato e delle foto relative a questo incidente” e come si intuisse “subito la gravità dell’infortunio” tanto che Bencina, Pancheri, l’arbitro e lo stesso Maradona (scomparso nella giornata di oggi, ndr) “esortano con foga l’ingresso dei sanitari”.

L’ex capitano grigiorosso ammette di aver provato “tanto spavento” e prova a ricostruire quanto è avvenuto dopo lo scontro sul terreno di giocoanche se, come comprensibile, ci sono momenti di buio. “Subii un breve arresto cardio-respiratorio – racconta -, non c’era l’ossigeno e mi hanno raccontato, credo, che Miglioli mi fece la respirazione bocca a bocca. Mentre uscivo in barella il massaggiatore Bigio Rossi mi chiese come mi chiamavo,dove eravamo…io risposi con lucidità ed esattezza. Però io non ho ricordi, la luce si è spenta su quel lancio lungo, e si riaccende una mezz’ora dopo sulla ambulanza, legato sulla barella con accanto Bigio Rossi. Ricordo il rumore assordante della sirena, il percorso accidentato, strade..vicoli…salendo e scendendo spesso dai marciapiedi per arrivare in ospedale al più presto”.

“Arrivammo – dice ancora Montorfano – all’ospedale San Paolo,ma non potevano accoglierci, quindi di corsa al Cardarelli…ricordo l’attesa, prima della radiografia, in quei corridoi freddi in uno scantinato, quelle luci al neon e la testa che mi scoppiava”.  Il referto della radiografia sentenziò una frattura tempero parietale con un vistoso ematoma, per fortuna esterno, che evitò il peggio.
Anche al Cardarelli, però, non c’era posto per il ricovero, allora “ricordo bene che una sala d’attesa  i parenti venne allestita come camera per me e per Sergio”. “Il personale medico – sottolinea il bresciano – fu molto gentile, ricevetti qualche visita da parenti del Cilento, ma soprattutto riuscii a parlare con i miei genitori e con la mia fidanzata e tranquillizzarli sul mio stato di salute”.

Due giorni dopo, il rientro dei due grigiorossi a Cremona col dott. Manzini. Paolinelli rientrò a casa, mentre per Montorfano si aprirono le porte del reparto di neurochirurgia dell’ospedale Maggiore: “Venni curato con gentilezza ed attenzione, prendevo diversi farmaci e mi effettuarono spesso degli elettroencefalogrammi. La testa era sempre dolente, ero però cosciente, anche se spesso intontito e spesso dormivo. Mi allietavano soprattutto nel tardo pomeriggio le visite dei dirigenti della Cremonese, qualche tifoso e dei miei compagni di squadra dopo l’allenamento. Finardi, per sdrammatizzare un po’, una sera mi disse: ‘Mario certo che sei stato proprio sfortunato’. Gli chiesi perché e lui mi disse:  ‘Cavolo invece della testa potevi romperti quel grosso nasone,così te lo rifacevi’. Riuscì a farmi sorridere”.

Dopo un paio di settimane, Montorfano venne dimesso e “con gioia rientrai a casa” anche se con “ancora tanti medicinali” da prendere e “la testa seppur meno, ancora dolente”. “Di quei giorni – dice ancora – ricordo soprattutto le domeniche pomeriggio, seguivo le partite alla radio, ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, come facevo da ragazzino…Udinese, Roma Inter, Fiorentina..con la rabbia di non poter essere sul campo”. All’inizio di gennaio, “dopo aver sostenuto diversi esami, tra cui ne ricordo uno particolare al buio per la labirintite, ebbi l’ok medico per poter riprendere gli allenamenti”. La bandiera della Cremonese quindi evidenzia: “Mi è sembrato di rinascere, a quell’epoca ci allenavamo sul campo di Spinadesco e fui accolto con grande entusiasmo da dirigenti e compagni di squadra. Potevo fare tutto..tranne colpire il pallone di testa. Io però non avevo alcun ricordo di quel drammatico impatto, a differenza di quelle dolorose distorsioni alle ginocchia che hanno costellato la mia carriera. Quindi mi veniva spontaneo, naturale, colpire la palla di testa e allora da lontano sentivo il dottore Anselmi che mi sgridava: ‘Mario che caso set dre a fa!'”.

Ma gli inconvenienti non mancarono: “Si avvicinava il tempo del mio rientro, ma a metà gennaio del 1985, per chi se la ricorda, ci fu quell’incredibile ed abbondante nevicata. Autostrada chiusa, strada statale con buche grandi come crateri e mi fu impossibile recarmi da Brescia a Cremona per cui saltai un paio di allenamenti: Mondonico si arrabbiò, ma alla fine mi fece giocare. Allo Zini, penso anche grazie ai tifosi, la neve venne spalata, ma sugli spalti c’erano ammassi incredibili con gli spettatori tra un cumulo e l’altro. Oggi per motivi di sicurezza non si sarebbe sicuramente giocato”. “Cremonese – Sampdoria, prima giornata di ritorno. Marcavo Trevor Francis, centravanti della Nazionale inglese: emozioni forti, dopo due mesi tristi e sofferti, ero tornato a giocare al calcio, la mia passione..la mia vita.  Per la cronaca la partita fini 1-1 con rete di testa del mio grande amico Marco Nicoletti”. Montorfano quindi conclude: “A distanza di molti anni sia il Dottor Manzini che Anselmi mi confidarono semplicemente, in relazione a questo incidente, che avevo rischiato grosso…molto grosso: per fortuna è andata bene. E comunque quella palla su lancio lungo, fui io a colpirla”.

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