Le imprese cremonesi alle Olimpiadi di Roma di 60 anni fa
Sessant’anni fa andavano in scena i Giochi Olimpici di Roma. Oggi, a sessant’anni di distanza, è ancora vivo il ricordo di quell’edizione e, soprattutto, dei cremonesi che ebbero l’onore di parteciparvi. Nel 1960, Roma ha saputo offrire una delle edizioni più splendide delle Olimpiadi moderne: un’autentica ricelebrazione, ideale e storica, dei suoi monumenti. Probabilmente nessuna olimpiade ha visto nascere e affermarsi tanti personaggi come Roma 1960: Wilma Rudolph, Cassius Clay, Livio Berruti, Abebe Bikila, Nino Benvenuti, tanto per fare qualche nome. Per lo sport italiano, anche in fatto di medaglie, le Olimpiadi romane furono un trionfo, grazie anche al contributo dei cremonesi che vi presero parte.
Mario Fraschini, atleta di Pizzighettone, classe ’38, corse la staffetta 4×400. A lui toccò la prima frazione, poi Fossati, Panciera e Bommarito. Fecero il record italiano, ma non bastò. La loro avventura si chiuse in semifinale. Mario Capio e Tullio Pizzorno erano, rispettivamente, genovese e milanese, presero parte all’Olimpiade del ’60 nella vela, con le gare che per l’occasione si svolgevano nel Golfo di Napoli. Capio e Pizzorno non erano cremonesi, ma cremonese era la loro imbarcazione, costruita da Danilo “Raoul” Cattadori, un artigiano divenuto in pochi anni costruttore di fama. Dal suo piccolo cantiere uscirono le imbarcazioni destinate anche ad altre squadre olimpiche, oltre a quella italiana.
Cesare Zilioli, che in Bissolati da ragazzino aveva già vinto un titolo italiano, iniziò la sua ascesa verso la maglia azzurra nel ’56, quando aveva 16 anni, vincendo i primi titoli italiani juniores. Zilioli alle Olimpiadi di Roma fu finalista in K1 sui 1.000 metri, mentre il suo team della staffetta 4×500 metri non riuscì ad accedere alla finale. Luciana Guindani era un altro talento cresciuto in Bissolati assieme a Cesare Zilioli. E a Roma 1960, sul K2 con Cotta Ramusino, vinse la propria semifinale, arrivando poi settima in finale. Infine, Armanno Favalli (fratello di Erminio) non riuscì a scendere mai in campo nonostante la convocazione nella Nazionale di calcio. Rimase in panchina, in una squadra ricca di talenti: da Bulgarelli a Trapattoni, da Rivera a Burgnich. Ma Favalli fece comunque parte di quella squadra, che sfiorò il bronzo perdendo contro l’Ungheria la finale per il terzo posto.