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Devicenzi e la rinuncia alle Paralimpiadi: "Per il 2021 ho in testa altri progetti"

La notizia trancia l’intervista sin dal suo incipit. E un po’ fa male: “Non punto più alle Paralimpiadi di Tokyo, che a questo punto saranno nel 2021”. A consolare è la consapevolezza di Andrea Devicenzi, che al sogno giapponese ha creduto per diversi mesi, quando tutto è cominciato a Cremona, presso la società OCS, con Franco Benedini, già compagno di Antonio Rossi alle Olimpiadi di Pechino 2008. “A Franco e alla società devo solo dire grazie: hanno rinfocolato in me questa scintilla verso uno sport che praticavo in gioventù, la canoa, e che ho sempre apprezzato. Mi sono acceso, agonisticamente, ci ho creduto, pur sapendo che alla mia età – in un K1 dove la coordinazione e l’equilibrio sono tutto e non son semplici da conquistare per un atleta amputato alla gamba – centrare la qualificazione alle Olimpiadi sarebbe stata una vera impresa. Le mie chance di farcela per luglio non erano altissime ma per come sono fatto ci avrei provato. Il rinvio dei Giochi olimpici al 2021, paradossalmente, mi avrebbe favorito, perché questo slittamento in avanti di un anno mi avrebbe regalato mesi in più per affinare la tecnica e migliorare la potenza della pagaiata. Però sono io ad avere cambiato priorità e di conseguenza idea”.

Come mai? “Sono abituato a riflettere a lungo prima di prendere una decisione. E diciamo che questo clima e questo contesto da “tutto fermo” mi ha aiutato proprio a pensare: ho valutato a lungo e ho deciso che a 46 anni non sono disposto a dedicare altri dodici mesi interi ad un progetto, che pure è ovviamente molto stimolante. Non cercherò la qualificazione per le Paralimpiadi 2021 e l’ho deciso con la massima serenità. Non posso sacrificare tutto il resto, come imporrebbe una buona preparazione. Ho deciso di concentrarmi esclusivamente su due percorsi: da un lato il lancio della stampella Katana, per il quale intendo spendermi anima e corpo, dall’altro – in qualità di mental coach – un nuovo canale YouTube che può aiutarmi a trasmettere i valori sportivi, e non solo, in cui credo, ad altre persone. Tornando alle Paralimpiadi, continuare ad allenarmi nei prossimi dodici mesi a 50 km da casa praticamente tutti i giorni era complesso. Ho fatto una scelta, ponderata e pensata”.

Paralimpiadi a parte, l’Andrea sportivo come vive questo momento di pausa forzata? “Un po’ in sofferenza, come tutti. Mentre mi state chiamando, sono già vestito e pronto per fare un piccolo allenamento. Ora che è iniziata la fase 2, c’è più libertà. Ciò detto, ho sempre cercato di rispettare ogni prescrizione e così farò sempre. Le regole sono state molto restrittive, forse per qualcuno anche troppo, ma mi metto nei panni di chi, da Roma, deve decidere per ogni singola regione e ogni singolo comune d’Italia, compresa la mia piccola Martignana. I numeri ci dicono che stiamo raggiungendo l’obiettivo, dunque sembra che il sacrifico di questi due mesi abbia portato a qualche risultato: alla luce di questo, ogni piccola rinuncia ha avuto un senso. Io peraltro per 2-3 giorni ho provato ad allenarmi vicino a casa, poi ho letto molte critiche – sui social e non solo – e ho preferito fermarmi. Preciso che mi sarei allenato seguendo alla lettera le direttive del governo, dunque senza spostarmi a più di 200 metri da casa, ma in Italia siamo in 60 milioni e ciò significa esporsi a 60 milioni di fraintendimenti. Ho continuato il mio percorso da casa, almeno per tenermi in forma”.

Torneremo quelli di prima? E tornerà come prima lo sport? “Io sono convinto di sì, sono fiducioso e soprattutto non vedo alternative. Torneremo sereni e liberi, sperando di avere imparato la lezione. Adesso servono pazienza e volontà; fino a qualche giorno fa è stata utile pure un po’ di paura, che in casi come questo può aiutare, senza però farla diventare terrore. Nella fase 2 vorrei vedere un po’ di coraggio in più, coniugato naturalmente al buon senso. Quello che mi manca di più? Non tanto lo sport in sé, ma poter riabbracciare gli amici o stringere la mano alle persone. Leggo che a qualcuno non frega nulla, per me invece il contatto umano è tutto. Non so dire quanto tempo servirà, ma torneremo quelli di prima. Lo dobbiamo anche a noi stessi, per tutto quello che abbiamo perso”.

Giovanni Gardani

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