Calcio

Gravina: 'Mai pensato allo stop, sarebbe un disastro'. Speranza: 'Calcio ultimo dei problemi'

“Fermarsi oggi sarebbe un disastro. Se il calcio non riparte ci sarebbe un pesante impatto negativo, sul settore ma anche sul Paese, visto che movimentiamo circa cinque miliardi”. E’ quanto ha dichiarato ieri sera, domenica 19 aprile, il presidente della Figc, Gabriele Gravina, a ‘Che tempo che fa’ su Rai2, parlando della possibile riapertura a giugno del campionato di serie A. “Io – ha aggiunto Gravina – non ho mai preso in considerazione l’idea di fermarci, non posso prendermi questa responsabilità. che lascio al governo. Non posso essere il becchino del calcio italiano”. Il presidente della Figc ha infine sottolineato che per quanto riguarda i rischi sanitari “è stato preparato un protocollo che andrà validato, che garantisce la negatività di un gruppo chiuso, non vedo quindi questo tipo di preoccupazione”.

Gravina fa riferimento ad un protocollo inviato sabato 18 aprile ai ministri dello Sport Vincenzo Spadafora e della Sanità Roberto Speranza che prevede “un periodo di controllo per garantire la negatività di tutti coloro che partecipano agli eventi: se sono tutti negativi, non ci sono problemi di distanziamento, né di contagiosità”. “Serviranno – aveva dichiarato il presidente della Figc all’Ansa – tre settimane di sicurezza; quindi, tra fine maggio e inizio giugno si può iniziare”.

Nella mattinata di oggi, però, proprio Speranza ha frenato l’ottimismo di Gravina, intervenendo a ‘Circo Massimo’ su Radio Capital: “Il calcio è l’ultimo dei problemi”. “La battaglia – ha spiegato – non è vinta, dobbiamo insistere sull’assistenza nel territorio, separando i reparti Covid da quelli non Covid. Immuni? L’app è uno degli strumenti, ma non esiste una mossa salvifica”. Il ministro della Sanità ha quindi aggiunto sul tema calcio: “Lo dico con il massimo rispetto e da grande appassionato, però viene prima la vita delle persone. Le priorità del Paese oggi sono altre. Lavoreremo perché a un certo punto si possa riprendere la vita normale”. “Aprire stadi o scuole – ha concluso – vorrebbe dire aprire i rubinetti dei contatti”.

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