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Ciclismo, quando Ferrari da Sospiro perse il mondiale perché non c'era la VAR

La conquista del titolo mondiale Under 23 da parte di Samuele Battistella decretata dalla giuria tramite il VAR che ha squalificato l’olandese Eekhoff sorpreso dalle telecamere mentre si faceva trainare in gruppo dalla autovettura della sua squadra dopo una caduta, ha fatto tornare alla mente un episodio accaduto nel lontano 1951 quando Alfo Ferrari di Sospiro, che già era stato campione del mondo nel 1947, avrebbe potuto conquistare la sua seconda maglia iridata se ci fosse stata la tecnologia dei nostri tempi ad aiutare la giuria. Conquistò solo la medaglia di bronzo a causa delle scorrettezze commesse dal francese Varnajo sia poco prima dell’ultimo giro quanto nella volata che consentì all’australiano John. Si correva a Moorslede e fu una vera lotteria. Il circuito presentava qualche piccolo tratto di pavé, ma era completamente pianeggiante: le uniche varianti avrebbero potuto essere le condizioni atmosferiche con vento, pioggia e sole che si alternavano nei giorni precedenti.

Alla partenza, nuvoloni neri e pesanti facevano temere il peggio e mentre la squadra indiana, che era partita con tanto di fanale e e campanello si ritirava in massa subito dopo il via, scattavano gli attaccanti della prima ora: l’olandese Dekker e il velocista francese Varnajo. Piazza s’accodava immediatamente obbedendo alle consegne. Una decina di secondi il margine al primo giro, ma già al successivo passaggio si rimestavano le carte: passavano in otto e Piazza tra loro. Più avanti s’accodava ai primi Ciancola mentre Varnajo si faceva riassorbire dal gruppo. Si ricomponeva il gruppo ed erano rimasti in 48 dopo soli quattro giri, mentre era tornato a spledere il sole. Ancora due tornate di calma completa e al sesto giro, dopo 164 chilometri, erano rimasti in undici davanti con tre italiani: Ferrari, Piazza e Moresco contro due belgi, un francese, un australiano, un lussemburghese, uno svizzero e uno svedese.

Tutto bene sino ai trecento metri quando Piazza, che aveva lavorato moltissimo e avrebbe dovuto tirar la volata ad Alfo, non riuscì a rispondere all’attacco di Varnajo. Alfo poté soltanto a gridargli di farsi da parte, recuperò le due macchine di distacco che aveva dal francese e gli arrivò al fianco, vicino alle transenne e al riparo dal vento. Varnajo, allora, cominciò a stringerlo e Alfo, per non finire contro lo steccato, fu costretto a lavorar di gomito, poi a sollevare le mani dal manubrio: uno sbandamento pauroso di entrambi verso il centro della strada, un paio di pedalate perdute e John, l’australiano che li seguiva, non ebbe difficoltà ad infilare entrambi scattando all’interno.

Alfo tornò livido di rabbia: il secondo titolo mondiale gli era sfuggito proprio quando già lo stava assaporando e non per colpa sua: il rettilineo d’arrivo era in leggera salita, è vero, ma si era sentito a proprio agio e sicuro di battere tutti. Solo che la malasorte si era accanita contro di lui sin da principio. Varnajo avrebbe dovuto essere squalificato: ad un giro dal termine, in barba ai regolamenti allora vigenti, aveva cambiato bicicletta ed era arrivato a disputare la volata con una bici da pista che montava gomme durissime da 200 , mentre tutti gli altri erano partiti con gomme pesanti e non gonfiate al massimo per ovviare agli effetti del pavè.

Alfredo Binda, che aveva ssistito al cambio di bici e fungeva da direttore di corsa, non se l’era sentita di prendere una decisione avversa al ciclismo francese fermando all’istante il corridore francese. Poche settimane prima, al Tour, s’era registrato lo spiacevole episodio del ritiro delle due squadre italiane, con Fiorenzo Magni in maglia gialla, per il proditorio attacco di alcuni sconsiderati tifosi francesi a Gino Bartali e il ciclismo italiano non era tanto forte a tavolino quanto lo era sulle strade. Così sfumò la possibilità per Ferrari di chiudere con un’altra maglia iridata, la sua carriera dilettantistica e, oltretutto, quella preziosa medaglia di bronzo, offuscata dalla precedente vittoria di Reims, passò quasi inosservata e la squadra azzurra fu attaccata da ogni parte per aver fallito una facile occasione. Oggi le cose sarebbero andate diversamente.

Cesare Castellani

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