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Filippo Visioli (Interflumina) racconta quell'argento italiano partito da una caduta in moto...

"Devo partire da alcuni grazie: alla Canottieri Eridanea, che mi ha messo a disposizione la piscina per potermi allenare. Alla mia allenatrice Liliana Stagnati, che mi ha seguito fuori dal campo di atletica, e a Cristiano Carnevali, fisioterapista, per i consiglio".

Nella foto Filippo Visioli (maglia verde) in gara

All’argento ormai c’è abituato. Come e forse più che al riscatto. La storia recente di Filippo Visioli, classe 2002 dell’Atletica Interflumina, è fatta di cadute e risalite. Sempre al momento giusto per agganciare una medaglia preziosa e con un gradino in meno rispetto a quello più alto, situazione che di fatto rappresenta, più che una delusione, uno stimolo per (ri)provarci con ancora più forza. “Questo argento mi ha davvero soddisfatto, per come è arrivato. Non dico che non me l’aspettassi affatto, ma in avvicinamento ho avuto non pochi problemi”.

Vediamo di raccontarla, allora, questa storia. “Devo partire da alcuni grazie: alla Canottieri Eridanea, che mi ha messo a disposizione la piscina per potermi allenare senza farmi pagare alcuna quota. Alla mia allenatrice Liliana Stagnati, che mi ha seguito fuori dal campo di atletica, e a Cristiano Carnevali, fisioterapista che mi ha dato ottimi consigli. E ovviamente a tutti coloro che mi hanno dato forza e mi sono stati vicini. Dieci giorni prima della gara di Agropoli, ai Campionati Nazionali dove ho partecipato da Allievo secondo anno, sono caduto con la moto. Nulla di particolarmente grave, in verità, ma il braccio era dolente e facevo molta fatica a correre in maniera normale e sciolta. Non credevo di recuperare in tempo, invece allenandomi in acqua sono riuscito a forzare i tempi e ad essere quasi al 100% per l’appuntamento di Agropoli”.

Facciamo un altro passo indietro: a Cles, nel 2017, arrivò un argento per te sui 2000 metri Cadetti secondo anno. Una medaglia prestigiosa, giunta però in modo non del tutto “corretto”, perché pagasti tu, più di chi invece giunse primo restando al caldo, quello stop forzato e prolungato imposto agli atleti, che rimasero al freddo per troppi minuti nello spazio tra riscaldamento e gara. Non certo un toccasana per i muscoli. “E’ tutto vero, ma devo dire che qui era un altro contesto. E un’altra disciplina. In questi anni sono passato dai 2000 metri di Cles, ai 1500 di Rieti, dove agli Italiani ho chiuso ottavo ma secondo per la mia categoria (che all’epoca Filippo era Allievo primo anno, ndr), agli 800 di Agropoli. Non me la sento di parlare di riscatto, perché sono passati due anni e pure la tipologia di gara è cambiata: di sicuro posso dire di avere gradito di più questo argento rispetto a quello di due anni fa”.

Spieghiamola allora la tua metamorfosi. Come si passa dai 2000 agli 800 in due stagioni? “E’ stato quasi casuale, per colpo – o merito – di una prova. Ho visto che sugli 800 ho ottenuto, correndoli quasi per gioco e per test, buoni risultati. Fisicamente mi sto strutturando e sono più massiccio di qualche mese fa, dunque forse le gare più vicine alla velocità che al fondo ora mi aiutano a esprimere meglio le mie caratteristiche. Fatto sta che sono arrivato a tre settimane dall’appuntamento di Agropoli con il terzo tempo della mia categoria. Vedevo grandi miglioramenti, sono riuscito a limare il mio personale di 3 secondi circa, fissandolo a 1’54’’75 a Nembro, e a quel punto ero convinto di potere centrare addirittura l’oro. Poi la caduta dalla moto che poteva compromettere tutto. Invece sono riuscito a rimettermi in sesto e, valutando il complesso, l’argento può davvero essere considerato un grandissimo risultato”.

Due gare in due giorni, non semplice. “Non mi sono gestito in batteria, perché serviva entrare – su cinque qualificazioni totali – nei primi otto tempi. Quindi ho tirato subito e ho pagato un po’ quello sforzo la mattina successiva, raggiungendo comunque la gara più importante col quinto crono. Per fortuna ho seguito i consigli di Stagnati e di Carnevali e sono riuscito a presentarmi in buono stato: sulla finale poco da dire, nel senso che sono rimasto nel gruppo e poi sono scappato via con i primi quattro. Niccolò Galimi della Atletica Malignani Libertas Udine era davvero in stato di grazia, il giorno prima aveva fatto il suo record, e ha chiuso con un paio di secondi di vantaggio. Per questo, valutando il valore dell’avversario e i problemi che avevo avuto in preparazione, non posso che sorridere. E’ stata una bella prova di forza e, oserei dire, di voglia mentale”.

Giovanni Gardani

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