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E’ morto Franco Priori, piccolo grande uomo del ciclismo

Franco Priori con Indurain e Cipelli

di Cesare Castellani
E’ in lutto il ciclismo cremonese. La scomparsa di Franco Priori ha colto un po’ tutti di sorpresa, anche se lo si sapeva ammalato da qualche settimana. Il fatto è che Franchino lo si riteneva una dei quelle persone che paiono eterne, intoccabili. Alla soglia dei novant’anni era ancora perfettamente in forma, gli acciacchi dell’età non sembravano nemmeno sfiorarlo. Ricordo di averlo incontrato a fine estate, in bicicletta, naturalmente.
-Ancora in bici?
-Si, ma in salita faccio un po’ fatica!
Ora che se ne è andato si riaffacciano i ricordi di un’amicizia nata tanti, tanti anni fa, penso a quel giorno dell’estate del ’61 quando stavo in vacanza ad Abbazia. Passava il Giro di Croazia e naturalmente stavo scattando una foto quando vidi un meccanico alzarsi da un’ammiraglia e sbracciarsi per salutare. Era proprio Franco che mi aveva riconosciuto sul ciglio della strada. Ripenso a quelle tante corse vissute insieme, a quelle volte che son salito con lui sulla macchina del cambio ruote, a quei salti fuori dall’auto per dare una mano ad un corridore in difficoltà, alle spinte che riusciva a dare per farli ripartire, e non sono passati più di una decina d’anni!
Ripenso anche a quel negozietto buio in Via Bertesi (nei primi Anni Cinquanta) pieno di ragazzini con pochi soldi in tasca e tante bici sgangherate da sistemare prima della domenica, alla mazzuola di legno per raddrizzare ruote e ai pochi arnesi, all’odore pungente del grasso e della ruggine, ai tanti consigli dati con l’entusiasmo del neofita a tanti campioncini in erba che regolarmente, dopo l’allenamento, passavano da Via Bertesi. Decine di biciclette appoggiate al muro, discussioni a non finire e tanti, tanti progetti, tanti realizzati, da lui soprattutto che ha saputo entrare in un mondo che era il suo sogno e viverci dentro da protagonista, benvoluto e apprezzato per decine di anni e non solo per la sua abilità di meccanico.
Anche Franco correva. Ha iniziato tardi però, quando s’era potuto permettere una bicicletta da corsa e la passione per le due ruote, mescolata alla necessità di doversi guadagnare la pagnotta, gli aveva suggerito di aprire la prima bottega di meccanico, almeno per restare nell’ambiente.
Era cresciuto in Via Bissolati “Strada Cannone”, rione di pugili, come i Bonetti, Pozzali, Guarnieri, Barbieri, più che di corridori, ma lui aveva preferito la bici e qualche sfizio se lo è pur tolto anche in sella.
Da corridore era un tipo estemporaneo, capace di partire con una bici da pista, scatto fisso, un solo freno, inscenare una fuga solitaria d’un centinaio di chilometri per raggranellare un po’ di premi ai traguardi volanti per poi ritirarsi o, quando era possibile, tener duro fino a piazzare una bella botta in volata, se restava ancora un briciolo di energia per sprintare.
La prima vittoria, ricorda, vicino a casa, a San Nazzaro, gara per dilettanti in circuito attorno al paese. In fuga con un gruppetto di una decina di corridori, tanto fece, a forza di scatti, che alla fine rimasero in due soltanto, lui ed Azzali, suo compagno di squadra. Avrebbero potuto andare insieme al traguardo e giocarsela in volata, ma era tanta la smania di farcela, che trovò la forza per scattare ancora e non una sola volta. Azzali fu costretto a lasciarlo andare e Franco raggiunse un gruppetto di staccati, ormai con un giro di ritardo. Non riuscì a superarli e tagliò con loro il traguardo.
I giudici di arrivo non si avvidero della sua presenza nel gruppetto e solo quando tornò sui suoi passi dimostrando che aveva staccato Azzali negli ultimi chilometri, ebbe la soddisfazione di vedersi dichiarato vincitore, ma senza un applauso perchè la gente se ne era andata, senza una foto ricordo.
Si rifece due settimane dopo, ancora nel piacentino, a San Pedretto vincendo un’altra volta per distacco ed altri ne aggiunse prima di dedicarsi al ciclocross. Di quanto ci sapeva fare con la pinza in mano s’accorsero presto in molti e allora lo ingaggiarono subito alla Bif che (direttore sportivo Silvio Pedroni), fu l’unica squadra professionistica di Cremona nella storia del ciclismo: un bel trampolino di lancio che lo fece conoscere alle squadre di tutta Italia.
Formazione tutta cremonese con Alfo Ferrari, Pierino Baffi, Gianni Ferlenghi, Mario Mori e Alfredo Zagano
Non fu certo esperienza facile per un giovane che si affacciava per la prima volta al ruvido mondo del ciclismo di professione. Lunghe notti in bianco a lavare, lustrare, oliare e rimettere in sesto una quindicina di biciclette, raddrizzando ruote e, sistemando rapporti, a controllare il mastice ei palmer, a preparare le ruote di scorta mentre la squadra se ne andava a dormire, avrebbero fiaccato chiunque dopo aver passato una giornata aggrappato alla passerella di un auto o sul sellino di una moto con una ruota in mano e il cuore in gola. Poi c’era da dare una mano ai massaggiatori per preparare i sacchetti dei rifornimenti e c’erano corridori con sempre qualche problema che li angustiava, e non sempre di carattere ciclistico. Bisognava stare ad ascoltarli prima che andassero a dormire e discutere a lungo del percorso da affrontare il giorno dopo e dei rapporti che ciascuno avrebbe voluto sulla propria bici e magari, al mattino, sentirsi dire che bisognava cambiarli tutti. Dormire? Qualche ora, ma solo di giorno e con un paio di ruote in mano, spezzettata e in macchina, quando il gruppo procedeva a velocità modesta nelle tappe di pianura e gli imprevisti erano più rari del solito.
A volte capitava una frenata improvvisa e allora lo si vedeva catapultarsi fuori dall’abitacolo con l’auto ancora in corsa brandendo le due ruote: un riflesso condizionato perché magari di corridori appiedati non se ne vedevano.
Quando la Bif cessò l’attività il passaggio a squadre più titolate: il passo fu brevissimo.
Nel 1961 già alla Fides con Pambianco che quell’anno disputava un grandissimo Giro d’Italia vincendo davanti ad Anquetil, poi subito alla Gazzera diretta da Ferdy Kubler, lo svizzero che era stato campione del mondo che il lussemburghese Cheryl Gaul vincitore anch’egli del Giro d’Italia, quindi alla Springoil con Nencini, Bitossi e Ciampi. Quindi alla Salvarani con Luciano Pezzi direttore tecnico e due campioni come Adorni e Gimondi, alla Filotex con Bitossi. Poi è la volta di Nencini, da direttore tecnico che lo chiama alla Filotex con Gualazzini e Michelotto e, soprattutto sull’ammiraglia della squadra nazionale che vince il mondiale di Imola con Adorni.
Quante avventure, quanti episodi da raccontare: una trentina di Grandi Giri tra Tour, Vuelta e Giro (17 i Giri d’Italia) Campionati del mondo su strada, ciclocross e in pista, Olimpiadi e classiche in mezzo mondo, dall’Europa al Sud America, dalla Nuova Zelanda al Marocco.
Non sembra vero, ma furono molte le formazioni, e le più forti, a contendersi i suoi servigi soprattutto durante le corse a tappe perché non si trattava solo dell’abilissimo meccanico capace di riparare una bici col corridore in sella tenendosi aggrappato all’ammiraglia con una mano e lavorando con l’altra, ma era sempre l’uomo tuttofare della squadra, in grado, all’occorrenza, di sostituirsi a chiunque in qualsiasi incarico, dal più umile al più impegnativo. E fu proprio la sua grande disponibilità, unita ad una competenza andata via via affinandosi con l’esperienza, a farne dei più apprezzata personaggi del ciclismo internazionale.
Franco, amico di tutti, era sempre pronto ad ascoltare, a dare una spinta morale e non solo, un consiglio, a farsi in quattro per tutti. Quasi una vocazione la sua, che l’ha portato a lavorare in una trentina di grandi giri, a stare per anni con la squadra nazionale, sia della strada che della pista, a seguire per oltre trent’anni tutti i grandi del mondo delle due ruote.
Qualche rammarico? Forse il non essersi piegato mai a nessun compromesso per mettersi in mostra con qualcuno che conta, con Adriano De Zan, per esempio. Il famoso telecronista della Rai passava allora per essere uno dei santoni del ciclismo italiano, uno degli uomini di potere: ambizioso, ci teneva ad essere considerato lui pure un ciclista e si dava da fare per organizzare ogni anno per organizzare il campionato italiano dei giornalisti che regolarmente vinceva o allestire corse in coppia per gentleman. Sceglieva sempre come compagno il corridore più forte e c’è da scommettere che anche gli altri professionisti del pedale lo lasciassero vincere. Non di certo Franchino che, quando De Zan organizzò nella giornata di riposo del Giro d’Italia del ‘61, a Treviso, una corsa riservata a tutti i suiveurs, lui non volle saperne di lasciarlo vincere nonostante le raccomandazioni di De Zan. Era venuta a trovarlo la futura Signora Priori e Franchino, per nulla al mondo avrebbe rinunciato a portarle il mazzo di fiori destinato al vincitore. Scattò subito alla partenza e lasciò tutti con un palmo di naso.
L’anno successivo, a Santa Margherita Ligure, De Zan, organizzò di nuovo la gara, ma cercò di premunirsi non solo chiedendo a Franco di tirargli la volata, ma assicurandosi anche l’appoggio di alcuni vecchi marpioni come Gismondi, Carrea, Milano, gli antichi gregari di Fausto Coppi, rimasti nel mondo delle due ruote. De Zan rimase staccato da un gruppetto subito in partenza e Franco, dopo essergli stato a fianco per qualche chilometro, capì che mai ce l’avrebbe fatta a rientrare sui primi. Andò allora, da solo, ad agganciare i primi. Gismondi, fedele alla consegna di De Zan, di non lasciarlo vincere, gli si appoggiò fino a farlo cadere, naturalmente badando che non si facesse male. Franco la prese con un sorriso, si rialzò, riprese il drappello e e se ne andò ancora una volta da solo a vincere la gara. De Zan l’anno successivo rinunciò ad allestire la gara e da quel giorno, ogni volta che nominava gli effettivi della nazionale italiana (corridori, tecnici, massaggiatori, meccanici) dimenticava volutamente di nominare Franco Priori: un purgatorio durato una decina d’anni, ma che lo ha sempre divertito.
Grande cicloturista, ha disputato con il Club Ciclistico Cremonese, decine di raid in tutta Europa, poi negli Stati Uniti; ha traversato in bici l’Amazzonia, percorso le strade del Kenya.

GALLERIA FOTOGRAFICA

Franco Priori alla soglia dei 90 anni nella sua ultima corsa
In una gara di ciclocorss
Tra Gaul e Martinato
Alla consegna del premio Alfo Ferrari
Negli anni Duemila, all’inaugurazione della mostra in sala Alabardieri del Comune con l’assessore allo Sport Baldani e (sotto) con il sindaco Corada

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