Non ‘drogò’ i suoi compagni Paoloni assolto. La difesa: ‘Caduto un reato infamante’
Marco Paoloni è stato assolto con formula piena dall’accusa di adulterazione, il famoso articolo 440 del codice penale che punisce chi corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, rendendole pericolose per la salute pubblica. La sentenza è stata emessa oggi dopo poco più di un’ora di camera di consiglio dalla presidente Maria Stella Leone con a latere i giudici Giulia Masci ed Elisa Mombelli. Paoloni, 35 anni, ex portiere di Cremonese e Benevento, era accusato di aver ‘drogato’ sei persone, tra i suoi ex compagni di squadra e dello staff, nell’ambito del maxi procedimento sul calcio scommesse. Per l’imputato, le due pm Ilaria Prette e Milda Milli avevano chiesto una pena di 3 anni e un mese di reclusione.
Dunque per i giudici di primo grado non fu Paoloni a mettere il sonnifero nelle bottigliette d’acqua dei compagni durante l’intervallo di Cremonese-Paganese del 14 novembre del 2010 per alterarne il risultato (la partita era finita 2 a 0 per i grigiorossi). “Non ho mai combinato partite e non ho drogato nessuno”, si è sempre difeso l’imputato, che ha abbandonato completamente il mondo sportivo e che oggi lavora per un’azienda odontoiatrica a Civitavecchia, dove risiede. Oggi Paoloni non era presente alla lettura della sentenza. Contattato telefonicamente dal suo legale, l’avvocato Luca Curatti, ha esultato dalla gioia e ha detto di aver sempre avuto fiducia nella giustizia.
La sentenza di primo grado emessa dal collegio è arrivata a distanza di otto anni dai primi arresti. “Sono molto soddisfatto”, ha dichiarato l’avvocato Curatti, che ha vissuto i fatti fin dalle prime battute e ha lavorato a lungo per arrivare ad un simile risultato. “Si è partiti da un momento emotivo, tra indagini, esigenze investigative, intercettazioni, senza contare l’enorme risonanza mediatica”, ha detto il legale. “La sentenza di oggi dimostra la brillante capacità di analisi del collegio che a distanza di tanti anni ha analizzato i fatti in diritto. Il reato più infamante era proprio il 440, un tarlo che ha sempre accompagnato il mio cliente, considerato un infame e un traditore. Un capo di imputazione, quello del 440, che ha resistito nel tempo e che era l’unico che poteva portare ad una condanna. E’ caduto un reato infamante, un reato grazie al quale all’epoca era stato possibile chiedere le intercettazioni. Da oggi Marco esce a testa alta”.
Nella sua arringa, l’avvocato Curatti ha ‘smontato’ l’accusa principale, quella di aver messo a rischio la salute pubblica: “Ai fini della sua configurabilità”, ha spiegato il legale, “occorre che il reato sia stato consumato contro un numero indeterminato di persone. L’errore è proprio qui: in questo caso non c’è stato alcun pericolo per la salute pubblica, ed è grottesco poterlo paragonare a quanto contestato a Paoloni. Si parla di 24 bottiglie di acqua nelle quali sarebbe stato messo il Minias, provocando non meglio precisati malesseri, e comunque di un episodio avvenuto all’interno di uno spogliatoio chiuso”. Il legale, al termine delle sue conclusioni, aveva chiesto l’assoluzione, o in subordine di inquadrare il reato nella più lieve frode sportiva, delitto ormai prescritto. La sentenza è stata di assoluzione piena. La motivazione sarà depositata entro 90 giorni.
Per tutti gli altri imputati del ‘blocco’ rimasto a Cremona, i giudici hanno emesso sentenza di assoluzione o il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Tra gli imputati accusati di associazione a delinquere finalizzata a truccare 53 partite di serie A, B e Lega Pro c’erano il cinese Wang Yu Qiu, comproprietario di una lavanderia a Desio e accusato di essere il finanziatore dell’associazione, l’ex dirigente del Pergocrema Salvatore Antonio Intilisano, l’ex centrocampista del Potenza Simone Grillo, il team manager del Riccione Calcio Cosimo Rinci, e Salvatore Spadaro, detto ‘il vecchio’. Fra coloro che invece erano accusati di frode sportiva, il serbo Almir Gegic, ex calciatore del Chiasso e considerato uno dei capi del gruppo degli ‘zingari’.
Sara Pizzorni